Il castello conteso tra Francesi e Spagnoli
Nel 1499 il re di Francia Luigi XII, che avanza pretese sul Ducato sforzesco su base ereditaria, ne invade i territori ed entra solennemente a Milano il 6 ottobre, prendendo dimora nella lussuosa Corte Ducale del Castello. Il Moro è costretto alla fuga, ma ben presto si adopera per la riconquista del perduto Stato, grazie all'appoggio dell'Imperatore Massimiliano d'Asburgo, consorte di Bianca Maria, figlia di Galeazzo Maria Sforza.
In questa età convulsa, nella quale il Ducato di Milano è conteso tra il re francese, l'imperatore germanico e gli Sforza, il Castello, punto nevralgico per la conquista della città, è teatro di continui scontri e assedi, a causa dei quali riporta gravi danni. Si succedono, nell'arco di un ventennio (1515-1534), il dominio francese di Francesco I d'Angoulême, successore di Luigi XII, l'effimero regno di Francesco II Sforza, secondogenito del Moro, e un breve governo spagnolo, conclusosi con il ritorno dello Sforza che nel 1535 lascia erede del Ducato l'imperatore Carlo V.
Durante la dominazione francese, il 23 giugno 1521, forse a causa di un fulmine, l'elegante torre del Filarete, utilizzata come deposito di munizioni, esplode provocando morti, tra i quali il castellano, e pericolose lesioni alle antiche murature. Si deve all'ultimo Sforza, Francesco II, il restauro che fa del Castello il teatro di una nuova sfarzosa cerimonia: la festa per le nozze tra il Duca stesso e Cristina, figlia del re di Danimarca, celebrate il 3 maggio 1534. Nel Castello restaurato, ma ormai privo della famosa torre d'ingresso, l'appartamento destinato alla sposa, secondo gli usi degli Sforza, è sontuosissimo. Ma il ritorno all'antico splendore è di brevissima durata: con l'arrivo dei nuovi dominatori, dopo il I novembre, il Castello non sarà mai più una residenza signorile.
La fortezza "stellata" degli Spagnoli
I dominatori spagnoli, convinti dell'assoluta necessità di dotare Milano di una nuova efficiente cinta difensiva, per iniziativa di Don Ferrante Gonzaga, capitano generale di Carlo V e suo luogotenente, intraprendono una grandiosa opera di fortificazione a partire dal 1549. L'intera città viene circondata da poderose mura in mattoni, che racchiudono i borghi sorti all'esterno della precedente cinta medievale. Il Castello è collegato ai nuovi bastioni attraverso le "Tenaglie", due strutture (una verso Porta Comasina e l'altra verso Porta Vercellina) che, rivelatesi ben presto insufficienti, lasciano il posto alla caratteristica fortificazione a forma di stella a dodici punte, ritenuta inespugnabile perché costruita secondo le tecniche più avanzate dell'epoca. Perduto definitivamente il ruolo di residenza signorile, il Castello diviene una vera e propria cittadella fortificata, capace di mantenere circa duemila uomini di guarnigione. I costi gravano pesantemente sui Milanesi, obbligati a pagare qualche milione di ducati, oltre al mantenimento della truppa. Dalle fonti iconografiche e letterarie sappiamo che la cittadella comprende un ospedale e una farmacia, numerose botteghe artigiane, un negozio di panettiere con due forni, un'osteria, una "nevera" per la conservazione del ghiaccio, ampi depositi per le provviste e due chiese. I saloni, un tempo sontuosi, sono ridotti in condizioni deplorevoli: nei documenti la celebre Sala della Balla figura come "Sala della Segala"; la Sala del Tesoro, già affrescata dal Bramantino, risulta ospitare il laboratorio di falegnameria e nell'elegante portico rinascimentale della Rocchetta compaiono muretti per la costruzione di pollai.